frammento di lettura per il Festival "Tradurre (in) Europa" a cura di Domenico Ingenito (Napoli, Teatro Nuovo, 24.11.10) con Antonella Anedda, Omari Ghiani, Domenico Ingenito, Rosaria Lo Russo, Edoardo Zuccato. Musica dei Bonamanera. Riprese video di Arturo Casu Calandrone
DIALOGHI CON HAFEZ I Ghazal della donna di Shiraz 1. Per il suo sì – se lei si degnasse di accogliere nella cavità fresca dei suoi palmi la perla nera di combustione del mio cuore per il nero nonnulla sulla sua guancia io cederei le tombe dei padri a Samarcanda e le moschee di Bukhara. 2. Svuota i lombi di creta delle anfore nelle coppe affiancate, amico caro, siedimi accanto per guardare l'oasi e il cadere dei pampini di vigna nella sparatoria del vento e per vedere poi come dal bianco delle acque verso la sera si levino le upupe dalle corte ali e sapere così irreversibilmente che per una cosa che cade un'altra cosa si solleva ma niente di questa bellezza ci seguirà più nessuna giustizia ci coprirà le spalle nella incomprensibile enormità dei cieli. 3. Ahi, quanti! dolci e giocosi e vagabondi ragazzi fanno tempesta nelle acque vive del mio cuore e mietono da barbari re della luce la messe delle tavole imbandite della capitale che protende il suo oro medioevale tra cedri e ulivi. 4. Mi metto – metto me – come un mosaico superfluo sotto i suoi piedi: sono una piccola catasta di membra che la sua nudità dovrà pur calpestare, così bella da non aver bisogno di abbassare il suo cuore sul mio cuore manchevole. Io sono sottomesso come una mandria sono disperso in lei talmente sufficiente a se stessa che nella solitudine della sera non si chiama nemmeno la luce sulle guance, per rapirmi non usa nessuno degli inganni che affaticano la bellezza di tutte le belle, non adopera niente per tentarmi. 5. La mia Signora è diventata alta e trasparente come un'immagine sacra ora che è vinta dalla grazia di un ragazzo che cresce nel sole come una bella pianta di limone: questa che è la mia infinitamente amata, è tornata bambina, lei è l’immacolata che si lascia cadere insieme al suo pudore come un velo sotto la pianta: lui le ha spalancato duramente senza volere e senza resa l'ala bianca del cuore, l'ultimo sempreverde del suo petto dorato dal crepuscolo. 6. Mi disprezzi, tu mi comandi e maledici la mia stirpe, ma il mio cuore è astratto come una pietra e ha linfa per vedere solo il rubino acceso delle tue labbra, più dolce nel contrasto con l'amarezza e la stortura dei ragionamenti. 7. Stammi vicina adesso, anima mia, fatti imparare adesso, ché domani rinnegherai il tuo nome: importa più dell'anima e più della vita al mio ragazzo il miele dei comandamenti che cola dal labbro in silenzio. 8. Parla, sorella, della verde distesa che sostiene il passo ai camminanti del mattino, parlami della gioia che questa notte ancora hai meritato con il tuo sorriso – non spalancarmi lo strapiombo del mare l'anima secca chiusa come una lucertola sotto i sassi, non sondare i puntelli e le trafitture del mondo, perché nessuna scienza e nessuno strumento di indagine spiana la strada al silenzio sotto i sassi del mondo. 9. La curva bianca della gola schiera le nere uova delle tue parole in una sola linea. Allora, canta! fin che le sette sorelle del cielo dalle catenelle d'argento delle caviglie metteranno nel cielo grida di donna (e dietro: bianca polvere e trambusto di tori) sul motivo supremo della tua gola.
II Ghazal delle domande 1. Perché scopri il tuo volto Signora, d'improvviso perché sollevi il velo, perché esci correndo di casa come preda di un vino randagio che ti piaga la gola, come morsa dai cani del tuo cuore affamato, perché? 2. I tuoi riccioli in balìa del vento e le orecchie acutissime al servizio del più ingeneroso armento della terra: l'amata, lei prediletta fra tutte perché a tutti concede la sua confidenza? 3. Come il castigo ci colpisce a caso in questo profondissimo mezzogiorno. Dall'umido nord che fa toppe di muschio sui mattoni dei vicoli alla deserta stele innalzata sul quadrilatero delle fortificazioni si è confusa la fama della tua bellezza alla fama del sole – ma nel tuo cuore è nulla la gloria del corpo: perché non dai peso allo slancio della terra così viva coperta di fiori e stormi? 4. Perché all'alba mi hai dato da baciare la punta del tuo ricciolo e alla sera con un gesto del capo lo hai sottratto e con la vuota polvere hai commisurato il mio cuore paziente, perché? 5. La tua lingua rivela il segreto chiuso nella tua bocca, la tua cintura pesa e descrive la mollezza dei fianchi: perché minacci la mia vita con la spada solo perché io vedo, solo perché io sento il tuo mistero, perché? 6. Perché sorridi come per amore mentre inganni quelli che come me hanno gettato la loro intera sorte sul tuo bianco tappeto di carne e sorriso e capelli, perché? 7. La mia casa è affollata di estranei che non scaccio nemmeno quando il volto gentile dell'amico si affaccia dalla calce dei corridoi e chiama amica l'amica e aggiunge quel nomignolo lucente di lucertole e biglie. Perché – cara – non rispondi al mio vero silenzio, perché lasci esposto il dolore dietro il sottile velo di chi non ti minaccia intimamente? Perché nascondi il corpo, perché rinunci, perché confondi il mio strazio nel sangue della vostra ferita?
III Ghazal dell'Amore 1. L'arco scoccante delle tue sopracciglia versa sangue e lamento fuori da me curvato da una nera impotenza. 2. Il lago splendido della tua fronte ha appiccato le fiamme a ogni fiore dell'albero Arghavàn quando sei arrivata così ebbra e sudata come dopo l'amore – nel giardino. 3. Ogni tuo sguardo rivolta la terra: a ogni rivolta compiuta dal narciso dei tuoi occhi altèra ruota la madre terra. Sposa, cerva. 4. Con il favore della brezza il gelsomino colma di fango tenebroso le corolle e ammutolisce per la vergogna del paragone al chiaro delle tue guance. 5. Ah, gli annodati riccioli delle viole e belli intorno alle capriate sono un nonnulla per lo zefiro dolce, che porta in giro per il mondo solo la descrizione dei tuoi riccioli viola. 6. Io me ne stavo come un santo ed ero cieco. Stavo fermo nel luogo. Ora eccomi ovunque divaricato dalla passione per questi due veggenti: vino indovino e musica divinatoria. 7. Sciacquo la tunica nell'acqua rossa – io mescolo la saggezza e l'ebbrezza nel catino del mondo: non si può persuadere l'eterno timoniere a mutare le rotte con queste persuasioni sottomesse al tempo. 8. Ah, indiviso colore degli indivisi universi, quando l'amore ovunque spingeva il suo sguardo: ah, come l'azzurro! dei cieli allacciava al mio corpo altre figure. Alte. Bianche. 9. Forse il vino ci mette come l'amore nella incondizionata dimenticanza di noi: allora il peccato e la grazia la volontà e il destino si guardano negli occhi da fratelli di sangue, allora internamente si appiattisce la nera catena delle conseguenze e nel buio occipitale ruota la luminosa scalea della durata. 10. Schiava è adesso la terra ai miei desideri, perché il disco del tempo mi ha gettato ai piedi del Signore: alle scalze, marmoree caviglie del Signore. Roma, luglio 2007