Poeti in classe (pequod, 2017)
Mi presentoVivo a Roma e ho due figli. Mi piace parlare di poesia nelle scuole e nelle carceri, perché la parola poetica rende visibile qualcosa che è invisibile e che unisce, è parola d’amore che lotta, dicendo del mondo come vorremmo che fosse. Scrivo da quando ho imparato a scrivere, ma a immaginare ho iniziato prima. I miei figli mi hanno aiutata a desiderare di comunicare con la poesia. Quando ero ragazza ricercavo furiosamente una pure stonata armonia, la perfezione linguistica. Volevo che la lingua fosse all’altezza dei miei sogni. Ora desidero che la mia vita sia all’altezza dei miei sogni. E uso la mia vita per la poesia. Non per parlare di me, ma per mettere le mie parole a disposizione di chi sente gli stessi sentimenti. Ridotti all’essenziale, siamo tutti uguali. Ecco, io voglio raggiungere chi mi legge proprio nel punto elementare, nel punto dove chiunque somiglia a me, ovvero dove io somiglio a chiunque. Chiunque io stessa sia. Primo incontro con la poesiaIl mio primo incontro scolastico con la poesia si localizza nella quarta ginnasio. Ma sono andata a scuola a cinque anni, dunque vale come una terza media. La professoressa Paola Moretti lesse il Notturno di Alcmane nella traduzione di Salvatore Quasimodo (“Dormono le cime dei monti / e le vallate intorno, / i declivi e i burroni; / dormono i rettili, quanti nella specie / la nera terra alleva, / le fiere di selva, le varie forme di api, / i mostri nel fondo cupo del mare; /dormono le generazioni degli uccelli dalle lunghe ali.”). Lesse e basta, senza commento, come lei sapeva leggere. E avvenne il contatto. Si spalancò il mondo dove avrei voluto vivere. Quelle parole, così scelte, così composte, così vere (il poeta descrive un paesaggio notturno scegliendo nel panorama alcuni indimenticabili oggetti naturali) e nello stesso tempo così immaginifiche (il poeta descrive i fondali marini, che certamente non aveva esplorato) costruivano una realtà alla quale sentivo di appartenere profondamente. Quella musica fatta di parole (non mi ponevo ancora il problema della traduzione) era la mia terra. Terra fisica, intendo, ché la poesia, quando è poesia, è vero corpo. Il mio testo per voiHo scritto questo testo perché la sola cosa che mi viene in mente di dire ai bambini è che la vita è bella e molto spaziosa. E noi, che conteniamo questa vita spaziosa, siamo molto spaziosi... un semplice esercizio di libertà una a una le antere dei fiori Roberto Galaverni, "La Lettura" del "Corriere della Sera", 23 luglio 2017 |
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