Passaggi Festival (Fano), Urban (Sarajevo), Organ Vida (Zagabria) e Fondazione Montemadrid (Madrid)
estratto dal reportage
Sarajevo - Derventa - Tuzla: viaggio in una guerra non finita
primo videoreportage del viaggio a Sarajevo. sembra passato tanto tempo, la guerra dei Balcani sembra lontana. invece, quando viene diviso uomo da uomo, le conseguenze sono permanenti
Spesso nei fine settimana io, mia moglie e la piccola Ana mangiavamo a casa sua, perché sua moglie Amina sapeva fare il ćevapčići di montone meglio della mia.
La mia Sofija faceva finta di sorridere, ma ogni sabato pomeriggio si tirava il grembiule sui fianchi come una cotta da guerra e ricopriva le baklava con tanto miele e pistacchi da sfamare un esercito.
Secondo me il ćevapčići di Amina era così saporito perché metteva nella salsa i peperoni rossi che Dragan coltivava nella serra. Ma noi maschi sappiamo approfittare dei bisticci delle donne. Le femmine trovano sempre scuse per offendersi, ma sotto sotto non possono fare a meno una dell’altra. E a noi ci piacciono, così infiammate.
Le lasciavamo beccarsi in silenzio e ogni sabato sera ci godevamo una cena da papi. Da sultani, mi dava di gomito Dragan...
Poi, iniziarono a circolare voci: Guardatevi le spalle, i musulmani sono traditori e bugiardi, vogliono rubarvi in casa – e, sempre peggio – vogliono ammazzarvi i figli! Non hanno scrupoli, sono i nostri nemici.
A loro dicevano lo stesso di noi.
Ci vuole poco, a dividere uomo da uomo. Basta il sospetto.
Cominciamo a studiarci da lontano, a pesare ogni gesto.
Ognuno vedeva quello che temeva di vedere.
Iniziamo a trovare scuse per il sabato sera, a sorriderci meno, quando ci incontriamo sul sentiero. E per forza, abitiamo vicini. Solleviamo la mano e tiriamo dritti quasi correndo, neanche ci stesse bruciando la casa.
È il cuore che ci brucia, a vederci così. E allora, facciamo il giro largo e non c’incontriamo più.
La mia piccola Ana è la mia gioia. Alla sera, chiudo bene le imposte. Sofija controlla tutte le serrature. Che ci possiamo fare, questa è la vita. Un sospiro e ci addormentiamo.
Ci continuano a dire state attenti, ci imbevono d’odio e di paura come Sofija le sue baklava al miele. Tutti i giorni, tutti i giorni. Siamo appiccicosi di paura.
Un altro mese e comincio a tenere la pistola sotto il cuscino, non si sa mai.
Dragan, se lo vedo al mercato del paese, ormai neanche lo saluto più. Meglio così.
Una mattina presto, era d’estate e il sole già bruciava, stavo tagliando il grano e lo vedo passare tra i girasoli e andare dritto verso casa mia.
Ha messo la camicia, con il caldo che fa.
Lo vedo che si affaccia alla finestra della cucina e s’infila una mano nella tasca di dietro dei calzoni.
Lo ha raccolto Sofija, che l'ha visto sparire dal quadrato di luce della finestra ed è uscita a guardare. Dice che aveva un accendino in mano e la faccia di uno che non capisce.
Aveva iniziato a fumare. Io che colpa ne ho, non lo sapevo.