GENTE COMUNE:I VOLONTARI, ciclo di videointerviste di Maria Grazia Calandrone ai volontari di "Baobab Experience", gruppo di prima accoglienza ai migranti. Perché pare giusto dare voce all’Italia che accoglie. E perché pare utile mostrare che i volontari non sono eroi che credono di salvare il mondo, ma persone che fanno il loro possibile. Ascoltandoli, ci accorgiamo che mettersi a disposizione è una cosa semplice e naturale e che tutti possiamo intervenire per il bene comune: ciascuno secondo le proprie forze, le proprie specializzazioni e le proprie capacità.
"la polizia e il fiore rosso" - anteprima dell'intervista a Sonia Manzi
Gentile Ingegnere,[...] Le proponiamo di intraprendere insieme un percorso coraggioso, di concederci l’utilizzo del parcheggio per bus abbandonato in via Giovanni Chiaromonte, dietro la Stazione Tiburtina. Quella lingua di asfalto, che volontari e migranti hanno ribattezzato “Piazzale Maslax” per ricordare il ragazzo somalo che si è tolto la vita dopo essere stato strappato alla sorella in Belgio per essere riportato in Italia, [...]
Roma, 23 giugno 2017- raccolta di firme tra gli abitanti per l'importantissima LETTERA APERTA alla sindaca Virginia Raggi e alla Presidente del IV Municipio Roberta della Casa
da parte dei cittadini di Tiburtino III, Pietralata, Colli Aniene e Verde Rocca, che testimoniano la propria convivenza con i migranti e chiedono ACCOGLIENZA, smentendo i pregiudizi e le "tensioni sociali" millantate nella lettera inviata dalla sindaca al Prefetto di Roma il 13 giugno scorso
Come cittadini e cittadine che vivono e/o lavorano nei quartieri di Tiburtino III, Pietralata, Colli Aniene, Verde Rocca, ci rivolgiamo alle istituzioni affinché vengano intraprese le opportune azioni per realizzare una efficace ed efficiente accoglienza nei confronti delle persone migranti nel contesto delle reali problematiche dei nostri quartieri. Da alcuni anni in Via del Frantoio a Tiburtino III sono presenti due strutture di accoglienza: il centro S.P.R.A.R con 70 richiedenti asilo e il centro umanitario della C.R.I., con circa 80 migranti “transitanti”. Dall'apertura di quest'ultimo, nell'ottobre del 2015, è stata attivata una operazione strumentale di disinformazione nei confronti dei migranti ospiti, tale operazione sfrutta retoriche di odio verso gli stranieri, spostando l'attenzione dai reali problemi dei quartieri a presunti disagi creati dalla presenza dei migranti e rischia di trovare terreno fertile nelle situazioni di degrado e crisi che vive in molti casi la cittadinanza. Il nostro territorio, come altre periferie della città, ha sofferto e soffre ancora oggi la crisi economica, con gravi risvolti in termini disoccupazione, specialmente giovanile. Diversi indicatori evidenziano nell'area livelli elevati di disagio sociale. Quello in cui viviamo è un tessuto urbano e sociale su cui vengono a perpetrarsi situazioni di devianza sociale, di diffusa microcriminalità e di espansione del traffico delle droghe. La gestione della cosa pubblica presenta evidenti difficoltà e inadeguatezze, in particolare per ciò che riguarda le case popolari, gli edifici scolastici, le aree verdi. La mobilità nel quadrante soffre di grave congestionamento anche a causa di opere iniziate da diversi anni e ancora non concluse. L'insieme dei servizi, quali impianti sportivi, strutture culturali e ricreative, risultano complessivamente insufficienti, nonostante l'elevato livello qualitativo offerto da alcune di esse. In questo quadro urbano e sociale, si ritiene del tutto strumentale l'avversione estremista verso le strutture che ospitano i migranti. Riteniamo tale avversione ingiustificata, in quanto non risultano problemi oggettivi con i migranti stessi, la cui presenza in questi anni non ha prodotto situazioni di pericolosità sociale. Le realtà in cui sono inseriti sono state sin dall'inizio aperte al dialogo e alla cooperazione con il quartiere e numerose sono state in questi mesi le occasioni e le iniziative di incontro che hanno visto una partecipazione, pacifica, solidale e improntata allo scambio culturale, di abitanti, migranti e operatori. Come cittadine e cittadini riteniamo che l'accoglienza ai migranti debba essere affrontata secondo moderni criteri organizzativi e di coordinamento, utilizzando in maniera efficiente ed efficace le risorse stanziate, anche sfruttando il vasto patrimonio pubblico in disuso e distribuendo l'accoglienza in tutti i territori della città, dal centro alla periferia, evitando deportazioni e/o, peggio, ghettizzazioni che generano situazioni di grave degrado ed emarginazione. Chiediamo quindi alle istituzioni preposte di mettere in campo tutte le iniziative possibili e necessarie affinché vengano realizzate delle soluzioni in sinergia con le altre istituzioni coinvolte (Prefettura, Ater, Asl, Ama ecc), sia per gli annosi problemi di cui soffre il quadrante urbano di Tiburtino Sud, che per un'adeguata accoglienza verso le persone migranti che il nostro territorio, così come l'intero Paese, ha il dovere di realizzare con determinazione e spirito solidale e umanitario. Cittadini e cittadine della Tiburtina
Roma, 19 giugno 2017- Diciottesimo vergognoso sgombero in corso a Piazzale Maslax. Chiunque voglia e può, vada a fare resistenza. Fisica, proprio. Sedersi davanti ai furgoni dell’AMA, proprio. Per impedire che buttino i pochi oggetti rimasti a quei ragazzi. Da giovedì c'è anche una famiglia curda con 4 bambini piccoli. In un parcheggio sperduto: una spianata di cemento colata per i pullman del Giubileo e mai utilizzata. Vicino a un deposito abbandonato di rifiuti tossici. Senza luce né acqua. Neanche questo vuole offrire Roma? #mivergognodiRoma
Roma, 13 giugno 2017 - Finalmente arrivata la tanto attesa risposta di Virginia Raggi sui migranti. Piena di menzogne, che mi sono presa la briga di rettificare. Per verificare come siano andate le cose basta scorrere la pagina fino in fondo: troverete appelli firmati da oltre mille persone e video che documentano la situazione dallo scorso novembre 2016 a oggi. Sono sinceramente preoccupata per la deriva di Roma, che sta mettendo gli uni contro gli altri, anziché educare all'inclusione.
Roma è sottoposta ad una forte pressione migratoria MADDAI?!. Così non si può andare avanti. Ho inviato nei giorni scorsi una lettera al Prefetto di Roma per chiedere al Ministero dell’Interno una moratoria sui nuovi arrivi di migranti in città.
Dal primo giorno del nostro insediamento abbiamo lavorato pancia a terra sulla questione immigrazione BEN DETTO: AVETE STRISCIATO PER NON FARVI VEDERE MENTRE A NOI FACEVATE PROMESSE E INTANTO ORGANIZZAVATE GLI SGOMBERI. Con la Prefettura c’è un ottimo rapporto di collaborazione e di confronto su una tematica così complessa ESATTO: OTTIMI SGOMBERI SELVAGGI. AVETE RIPETUTAMENTE FATTO BUTTARE DALL'AMA LE TENDE E I SACCHI A PELO DONATI DAI CITTADINI E CONTENENTI EFFETTI PERSONALI, PROPRIETÀ PRIVATE DEI RAGAZZI, SPESSO UNICHE COPIE DI FOTOGRAFIE. L’emergenza accoglienza è una delle tante che abbiamo ereditato QUI MANCANO SOLO I VIOLINI CHE FANNO ZAN-ZAN! DOPO UN ANNO SIAMO ANCORA ALLO SCARICABARILE. Un’emergenza aggravata anche dall’inerzia di chi negli anni si sarebbe dovuto occupare dell’assistenza dei migranti BOTTA DE SONNO.
Non permetteremo più a nessuno di mangiare sui più deboli PRECISAMENTE CHE SIGNIFICA "MANGIARE SUI PIÙ DEBOLI"? QUAL È LA VELATA ACCUSA? E allo stesso tempo è ora di ascoltare i cittadini romani: non possiamo permettere di creare ulteriori tensioni sociali LE (EVENTUALI) TENSIONI SOCIALI VENGONO CREATE STRATEGICAMENTE DA VOI, LASCIANDO CENTINAIA DI PERSONE A DORMIRE IN MEZZO ALLA STRADA. Per questo trovo impossibile, oltre che rischioso, pensare di creare altre strutture di accoglienza QUESTA È STRAORDINARIA! ALTRE?! NON NE HA MAI CONCESSA NEANCHE UNA, NONOSTANTE LE NOSTRE SUPPLICHE E LE PROMESSE DELLO SCORSO DICEMBRE SUE E DI LAURA BALDASSARRE, COME SI PUÒ VERIFICARE SCORRENDO QUESTA PAGINA.
Mi auguro davvero che questo appello non cada nel vuoto PRECISAMENTE LEI, SINDACA, DOVE COLLOCA IL VUOTO, OLTRECHÉ NEL SUO PROPRIO CUORE?. E soprattutto che il Governo tenga conto di queste mie parole nel momento in cui dovranno decidere dove inviare nuovi migranti. Chiederò un incontro al responsabile del Viminale per intervenire sul tema degli arrivi incontrollati. Virginia Raggi
Roma, 11 maggio 2017 - "Porta a porta" del 10.5.17 - Bruno Vespa: così non si può continuare, ci vogliono i vigili che piantonino e dicano no no non si fa! Virginia Raggi: e no eh! se metto i vigili a fare la guardia mi s'incasina il traffico... io i migranti li faccio sgomberare, ma il giorno dopo mi tornano in strada, che ci posso fare? quello che le chiediamo da un anno, sindaco: assegnare loro un posto decoroso, così che nessuno sia più costretto ad adoperare come letto nuziale la (quella sì) generosa immondizia di Roma
Roma, 27 aprile 2017: la polizia ha ricevuto ORDINE TASSATIVO DI SGOMBERO CONTINUO DEI MIGRANTI, ai quali da oggi è vietato anche solo stazionare nel luogo del presidio. la disumana strategia è chiarissima: in previsione dei flussi estivi diretti a Nord, la volontà è che in Africa si sparga la voce che ROMA ISTITUZIONALE NON ACCOGLIE, ANZI: OSTACOLALE PIÙ OVVIE E GRATUITE FORME DI ACCOGLIENZA DEI ROMANI NORMALI. una frontiera subdola, invisibile, ipocrita, non dichiarata, ma che vorrebbe essere efficace quanto muri e fili spinati.
Roma, 22 gennaio 2017, palestra popolare di Via dei Volsci. distribuzione degli abiti e doccia settimanale. mentre la madre fa la fila per ricevere abiti puliti, una bambina dall'apparente età di 5 anni trova il suo modo di giocare correndo in cerchio sul ring. tutti rispettano la sua capacità di gioia nel cuore del niente. cade. trova il suo modo di giocare rotolandosi a terra. tutti rispettano la sua capacità di trasformare una caduta in un esperimento nuovo. la lezione della vita non è che questa.
Roma, 6 gennaio 2017 - Nonostante le molte promesse, la situazione dei profughi non è cambiata: le persone continuano a dormire per strada, affidate alla costante opera di volontariato di privati e associazioni come Baobab Experience, che non finiamo di ringraziare per l'esempio di umanità basica e spontanea che offre alla parte cieca e sorda del nostro paese
Roma, distribuzione di indumenti ai migranti da parte dei volontari di Baobab Experience (18.12.16)
Da stanotte, 1 dicembre 2016, fino al prossimo 31 dicembre, 92 persone saranno ospitate presso il presidio umanitario di Via del Frantoio (l’assessora alle politiche sociali Laura Baldassarre ha però promesso di rinnovare fino al giugno 2017 il protocollo d’intesa con la Croce Rossa Italiana). GRAZIE a voi tutti, amici, uno per uno, per i nomi che avete impegnato in questa prima battaglia. Per un mese dormiamo più sereni.
Roma, 23 novembre 2016 Gentile Sindaca Virginia Raggi e gentile Assessora Laura Baldassarre,
è impossibile che voi non comprendiate e non vi sentiate toccate dall’emergenza nella quale si trovano ragazzi, uomini e donne che cercano semplicemente di vivere. Nessuno di noi può chiudere gli occhi.
Roma non può e non deve rispondere lasciando questi esseri umani in pericolo in mezzo alla strada, addirittura continuando a sgomberare le tendopoli che faticosamente e grazie alla generosità individuale dei cittadini ogni volta vengono ricostruite.
Vi chiediamo, a nome del diritto naturale dell’umanità, di individuare e concedere al più presto uno spazio sicuro per i migranti transitanti, perché trovino almeno un momento di riposo presso di noi, nel loro durissimo viaggio verso la pace.
Sono sopravvissuti a orrori e perdite che immaginiamo a stento. Hanno paura, sono soli. Cercano altrove la vita alla quale hanno diritto, perché il loro paese non gliela concede. Non hanno colpa, sono costretti a chiedere.
E, per questo piccolo tratto di strada, sono consegnati alle vostre mani.
Non chiudete gli occhi, non chiudete le mani. Fate che ricordino la nostra città come un luogo che li ha accolti e compresi. Una sosta, un momento di respiro.
Grazie, Maria Grazia Calandrone
e grazie a chiunque desideri continuare a sottoscrivere questo appello aggiungendo il proprio nome e cognome alla voce "aggiungi commento" in fondo alla lista dei firmatari
vedo un mondo di congegni efficienti, specializzati, derubati dello sguardo d’insieme che chiamavamo saggezza, vita vissuta, esperienza. intelligenze agilissime, quasi feroci, alle quali non è più dato tempo di provare amore.
il furto comincia dal tempo. e divora le relazioni. divora quello che chiamavamo amore.
e società.
vedo sepolcri smaglianti, narcisi iperattivi e performativi, dentro i quali pesa, fermo e duro come un sasso, il rimpianto di una vita perduta. sempre più affondata, sempre più negata.
negata fino a non sentirne più il desiderio. nemmeno la memoria, fastidiosa e ingombrante. talvolta compatita come si compatisce il sogno di un bambino.
eppure quello era il nostro futuro, non lo stato liquido e immobile di un bene infantile, non la caverna amniotica dei perdenti e dei rinunciatari.
alcuni ricordano. e non vanno derisi.
alcuni parlano a nome di tutti. come è sempre stato. e lo fanno bene, lo fanno ad alta voce. lasciano semi anche nei solchi esigui, anche di notte, persino nelle crepe dell’asfalto. perché hanno fiducia nella terra viva.
davanti allo spettacolo sociale un idealista prova un amarissimo sconforto etico.
ma sono i guerrieri a combattere. dobbiamo allenarci a unire nella stessa persona due cariche eversive contraddittorie: sconforto e furore.
la struttura alienante che pesa per sottrazione sul nostro tempo, individuale e sociale, può essere minacciata solo da chi coltiva la carica morale dell’utopia e, insieme, la collera vitale di un guerriero.
ricordare il futuro è la salvezza. ricordare cosa ci aspettavamo dalla vita e da noi stessi quando eravamo liberi di immaginare. quando eravamo liberi.
"io mi sento inadatta alla vita perché è troppo limitata" (la Repubblica, 23.9.13)
requiem per L.S. che, nel pieno del proprio diritto alla gioia, nella notte tra il 22 e il 23 settembre 2013, si è data morte pubblica per impiccagione
io sono stata te tutta la notte, Leila. ora parlo per altri che sono vivi. ancora vivi, in tempo per parlare.
il tuo silenzio ha echeggiato in me tutta la notte. dico meglio. la tua disperazione. tu sei stata il risveglio rotto dal pianto degli abbandonati. ma questo no, non era il tuo dolore: era il mio per te.
il tuo dolore si era raffreddato ed era muto. era la parte muta di te. muta e cieca. cieca e sorda. aveva perso la temperatura efficiente di quella piccola tempesta umana che chiamiamo pianto.
l’avremmo visto. ma tu sorridevi.
avevi perso il gesto di rivolta per l’umana porzione di solitudine, quella lieve sporgenza di gioia che ognuno protende, verso un mondo dove altri sono protesi.
il tuo gesto era caduto dentro. con il tempo era diventato fossile.
immagino la forma: la bocca, non del tutto richiusa. la mano, non completamente ritirata. su una roccia calcarea. nell’umido di un luogo inaccessibile in te.
l’avrai pur detto, una volta: guardami!, avrai pur detto: amami. ho bisogno di te.
l’avrai detto col corpo, se accadeva in epoche senza parola.
quel gesto fermo, quella bocca muta, sono mine preistoriche inaudite.
rimane la forma, l’impronta dello slancio. il calco vuoto del tuo richiamo, Leila.
non a noi. noi non siamo arrivati in tempo, per ricevere questo dono da te. solo il sorriso.
avevi già ingoiato la preghiera, prima che si facesse voce. si capisce bene. si capisce dal fatto che eri gentile.
quella supplica ferma nel tuo corpo si era fatta specchio e spina dorsale. così, potevi riconoscere il simile, la preghiera emanata dal corpo di un altro. e averne cura. infatti, la tua voce diceva: avrò cura.
ma tu, Leila, eri piccola per questo. per questa eccessiva competenza. il tuo cuore non poteva sopportare tanta rettitudine. e alla tua età tutto appare immutabile. non ti sei data il tempo di imparare a sperare che anche i fossili un giorno leveranno lo sguardo dalla pietra, leveranno dal bianco dei calcari il caldo di una voce che dirà io ti amo.
non ti sei data il tempo di imparare la pazienza dei grandi, il nostro avere ruminato notti a concatenare brandelli di felicità, per formulare una inesistente biografia privata, la nostra sintesi di noi stessi in luce. istruendoci a dimenticare il male: è così che lo stupore del nostro inizio regge all’evidenza del mondo. magnetizzando i frammenti di grazia. perché magari il tuo fosse stato dolore. la tua è stata rettitudine. nella certezza dell’imperfezione. delusione primaria. prima di avere imparato che ogni limite è una convenzione. prima di avere imparato a portare nel corpo un’idea che non piega le ginocchia davanti alla materia, nemmeno a quella di corpi che si ritirano e ci lasciano nella solitudine fossile che a diciannove anni pare definitiva.
l’eccedenza infantile del dolore. perché manca l’esperienza di avere già oltrepassato l’invalicabile.
e così: impiccarsi.
si dice che un suicidio per impiccagione sia un atto di accusa. sembra che il corpo dica con furore, finalmente con furore: siete tutti colpevoli.
e allora tu vorresti dirci per sempre: ecco, vi mostro che mi avete fatto. ostento la mia spoglia irresponsabile e oscena, finalmente libera, non più graziosa, lascio una cosa muta che si corrompe, vi lascio immaginare la fatica che ho fatto per finire, la protervia che mi ci è voluta. qui, all’ingresso del parco. io da voi condannata a pena capitale.
ma questa è superficie, Leila. a ben guardare: un corpo appeso a un albero è il corpo biblico di chi ha tradito e con tutto il suo corpo dice: perdonami. dice: io espio la mia colpa. io confesso. io metto in scena il mio soffocamento, l’aver smesso di chiedere. soffocato il bisogno, la paura. soffocata la mia parte di pianto nella solitudine umana – come la mia, lo vedi, ti riconosco – fino a che l’urlo mi ha soffocata.
ma non è ancora tutto. perché da viva tu ci esponevi una meccanica generosa, vitale e funzionante. ed eri sincera con noi.
è che a un tratto si rompe l’astuccio del male, come la capsula di un dente, per motivi da nulla. esseri vivi discendenti / un fiume di impercepiti nonnullarecanti in sé la catastrofe, scrive il poeta Vittorio Sereni. sì, la catastrofe. quella carica esplosiva di dolore, che porta il nostro nome più remoto, deflagra. non siamo preparati, non ne sappiamo nulla. è un momento. se ci fosse qualcuno vicino, il buio dileguerebbe. non lasciarla mai sola, dicono i sogni. è un momento.
io ti saluto, Leila. senza colpa, né tua né nostra.
e ti ringrazio. perché il tuo corpo non rimane muto ad affrontarci. dice a noi che restiamo: tendi l’orecchio all’inaudito. impara a dire: amami, prima di non riuscire a dirlo più. prima che la parola si fossilizzi e non possa più essere tirata all’asciutto, dalla voce che pesca nel gran mare di dentro. prima che questo corpo così breve, che è la nostra anima su questa terra, ti faccia tanto male che non possiamo consolarlo più. prima di rinunciare.
Dopo la riunione di stamattina a "il manifesto" sono tornata a casa per pranzare con i miei bambini e ho salutato alcuni di noi che si stavano dirigendo al luogo del nostro appuntamento comune con la promessa di ricongiungerci di lì a poco. Dopo pranzo sono scesa verso Piazza San Giovanni con mio figlio per poi muovermi verso Via Cavour dove si trovavano i nostri. C'erano già stati i primi atti vandalici proprio in Via Cavour e dunque sotto la statua in Piazza San Giovanni una ragazza con il megafono, in piedi accanto a un cartello con la dicitura "apartitici", esortava una piccola folla a rimanere seduta in silenzio per due minuti per dimostrare il proprio pacifico dissenso dai gesti di violenza appena avvenuti. Noi abbiamo proseguito dirigendoci verso Via Emanuele Filiberto, dalla quale continuava a provenire un fiume ordinato di persone. A un tratto abbiamo visto alcuni incappucciati venirci contro (e dunque alle spalle dei manifestanti) correndo con i pali dei cartelli stradali tenuti in orizzontale. Siamo fuggiti disordinatamente in massa verso le strade laterali, noi in via Biancamano, dove siamo stati inseguiti da alcuni individui con i caschi neri in testa e i maleppeggio in mano che ogni tanto sotto gli occhi di tutti si fermavano per dare fuoco ai cassonetti o rovesciarli e che hanno spaccato il bancomat e la vetrina della filiale di Intesa San Paolo, ovviamente sordi al nostro (urlato, il mio e quello di altri) disaccordo e anzi alla nostra rabbia per la manifestazione che stava andando letteralmente in fumo. Basta, basta! Infatti alle nostre spalle infittiva l’asprezza dei lacrimogeni e si sentivano esplosioni ripetute e ravvicinate. Tutti urlavano “prendete i bambini e scappate!”, io mandavo messaggi di raccomandazione agli amici perché non scendessero verso San Giovanni, piazza ormai sotto assedio e loro mi rispondevano di essere infatti rimasti bloccati al Colosseo a causa dei disordini. Ho risentito la puzza dei lacrimogeni ma non piangevo solo per quello. Che qualcuno se può mi spieghi il senso di cose come: inseguire genitori che si tirano dietro per la mano bambini spaventati. Ce n'erano tanti. Genitori e bambini in un bel giorno di sole a lottare per il futuro di tutti. Ma la domanda è retorica, è ovvio. Questa violenza organizzata non suona come un'azione politica se non scivolando lungo la china della politica della paura che si diceva recentemente a proposito dei fatti della Biblioteca Nazionale. Eppure, abbiamo tutti la sensazione chiara che nessuno tornerà a barricarsi nell’isola domestica tappando le finestre con il clamore oppiaceo del Drive In. Il capitalismo ha mostrato la sua faccia di vampiro e le persone non hanno neanche più sangue da dare o protestano la legittima proprietà di quel poco che è rimasto loro. Di fronte a questa violenza è un dovere continuare a crescere i nostri ragazzi dicendo loro che la cultura aiuta a decifrare il mondo: a essere critici, a essere liberi. Forse è poco, ma è vero. E forse salverà il futuro da equazioni clamorosamente equivoche quali violenza uguale libertà.