Categoria

La scimmia bianca dei miracoli (30.7.11, Sonia Bergamasco)

 
Monologo di MGC interpretato da Sonia Bergamasco con Rodolfo Rossi (echi)

Una donna da sola all’alba sulla cima di una vera montagna: una bestia taumaturga che trasforma il dolore (proprio) in guarigione (altrui). Una santa che parla da bestia: una scimmia, una lupa, una madre. 

 
in Atlante Sonoro XXI
ex Mattatoio del Testaccio, ROMA, 16 aprile 2011 

in Festival I Suoni delle Dolomiti 2011

Catinaccio, Dolomiti Trentine, 30 luglio 2011 
 
Biblioteca Vallicelliana, 1 giugno 2011

Maria Grazia Calandrone legge “Ragionamento della scimmia” in italiano e in sardo, dal testo teatrale “La scimmia bianca dei miracoli”

ESTRATTO
 
[…] Altrimenti io latro. Ateramente eo attòcco cum sa bucca isbambarriàda
io mando su ululato a bocca aperta. Su òriulu, su lamèntuuuuuuuuuuuuuu.
Ascolteresti con spavento la mia voce, at iscultare cum assumbru et atterrighinada mea boghe, gli articoli sbocciati come rosas de fiùmene
in una indifferenza di rapaceeeeeeeeeeeeee
il ventaglio dell’ala – vrrrrrrrrrrr
che si abbassa e fa l’ombra sempre più nera sull’occhio già nero, nieddu et tundu de la preda. Nella mia voce fiuti la paura de la preda, il battere del cuore de la lepre tum – tum – tum – tum con le vocali disarticolate tam – tam – tam – tam e la mascella spalancata a dire laxa mea vidaaaaaaaaaaaaaa…
 
Devi vedermi allora: una mula randagia. Un sepolcro, unu monimentu.
Io raspo gli usci delle case e ho fàmineeeeee e spingo me contra su cheluuuuuu. Corpo a corpo col cielo, stretta a rosas de pedra
senza orisonte. Rifiuto il dono. Raglio. Orrìo! hì-o hì-o ì-o io
sono il bianco eolico. Eo soe su biancore de su bentu et de hora mediana. Soe tantu tempus pria. Sono il tempo trascorso. Pedra instigata. Hora
ho la faccia iscunfitta dall’assenso. Mi è caduta
est ruìdasa màscara humana, ho le ossa esposte.
Ecce – ossos – meos. Ecce sa conca de s’anima
ecco il mio teschio, ecco
le orbite ecce circolos boidos, i seni nasali: ue tue abbàidas tue bìdet
dove tu guardi vedi
la capsula ossea de su nomine
Maria – la figlia – sa fizedda mea, ossu de jùbilu meu, osso della mia gioia, bestia
che sostiene tutta la gioia del mondo, sa bestia
qui sustennet tottu su jùbilu de su mundu.
 
Al fondo del mio urlo di dolore vedi il neutro del muso di una bestia. Fermo – poema – ridotto
a carne. Fermo. Il muso
neutro, incorruttibile e bianco di una bestia. Ferma.
Dall’inizio del mondo. Ferma
fino alla fine del mondo.
Firma. Ispirada de sàmbene. Firma.  Spire di sangue. Un animale
appena comparso sulla terra.
La vittima aspetta. Nel crocchio degli sterpi. Sa victima ispectas.
Coménte su insfraone. Come un germoglio.
Coménte su caragantzu. Come un fiore d’oro.
 
Spinto in fondo al mio male l’occhio circolare della preda, sa oghittera tunda de sa appresada. Fisso. Lei che riceve prima l’abbandono.
E poi riceve chi l’abbandonò. Issa reciret su abbandònadore.
Lei che può andare, non aspettarlo più.
Issa no ispectat sempere. No ispectat galu.
Spinta in fondo al mio male tutta la bestiale gioia del mondo.
Sono la porta stretta. Soe sa cembrana sigherra.
Tutto morirà. Tottu at morrere.
Sono la gioia dell’intervallo vivo. L’attimo prima. Su momentu ante.
Io sono il bianco esangue del roseto
la scimmia senza stirpe. Soe sa moninchedda in logu de rosas.
Ecco a che serve una scimmia da sola.
 
Meu corpu at isvagantare sou amòre subra sas ispinas. Buttìu
pustis buttìu. Amòre este tardu
et infogàdu. Dopo che il mio corpo avrà versato tutto l’amore
su queste spine – goccia
dopo goccia – perché l’amore è lento
e resistente: dopo tutto l’amore
io tornerò
più povera e più inerte della polvere. Poscas de amòre eo apo torrare
póbara bolasina. Firma.
 
Bene! Vieni
dammi la mano per favore, dài un poco di gioia a questa scimmia, diat pagu de jùbilu a s’animale, prima di andare via.
Prima che portino i bambini
eo te lu dimando humileménte, narinzemi de Maria, dimmi di Maria.  

la Repubblica, 23.6.11: 
 

 
{attachments}
 
L’ALBA ILLUMINA SONIA BERGAMASCO E RODOLFO ROSSI 
 
Le vette ardite delle Torri del Vajolet, che solo ieri avevano ospitato Reinhold Messner, hanno fatto da scenario all’Alba delle Dolomiti che ha visto come protagonisti l’attrice Sonia Bergamasco, il musicista Rodolfo Rossi e, tra il pubblico, anche Maria Grazia Calandrone autrice del pezzo teatrale proposto quest’oggi dal titolo “La scimmia bianca dei miracoli”. Un’alba intensa, che ha preso vita in una atmosfera di grande raccoglimento e che è stata dedicata come omaggio a Bruno de Luca, guida alpina, amico de I Suoni delle Dolomiti, tragicamente scomparso ieri in un incidente sul Catinaccio.
Nata espressamente per queste montagne e per il Festival la pièce interpretata dalla Bergamasco è iniziata con la descrizione di un’alba: momento e luogo in cui si fa la luce e il mondo muta. È solo la prima di una serie di immagini vive che in tutto il lavoro propongono agli ascoltatori la forza e la potenza della natura. Una energia debordante che travolge il sentire degli esseri umani e allo stesso tempo ne segna il tempo. L’alba è vita, è risveglio del corpo, è fioritura e persino maternità. E proprio la maternità così come la dicotomia uomo/natura è alla base del racconto che Sonia Bergamasco ha interpretato con una grande bravura. La storia narra di una donna che diventa madre; per allevare e crescere la figlia le costruisce attorno una casa. Il richiamo e l’imponenza della natura alpina che si erge tutt’attorno si fa però via via più forte anche dentro di lei, fino a quando diventa chiaro che questa madre possiede un dono: quello di guarire. Lo scopre il giorno in cui la figlia ha un attacco di epilessia. Il dono della taumaturgia è però troppo grande e obbliga la donna a rinunciare alla figlia e a ritirarsi tra i monti. Inizia così una vita nuova. Tutti le portano i bambini malati perché li guarisca e lei li lo fa. Contrariamente a quello che si può pensare, però, la donna non trova mai la pienezza e la serenità perché resta il suo amore di madre e, insanabile, la mancanza di sua figlia Maria.
La bellezza del testo e l’abilità della Bergamasco nel renderlo è nelle descrizioni della natura e nella intensità del dramma interiore provato da questa donna/guaritrice. Il monologo rende perfettamente anche i vaneggiamenti di una donna piena di dolore e riesce a mettere in luce anche la parte più istintiva e animale dell’uomo. Ascoltandola non si può non sperare, per tutta la durata del racconto, che la guaritrice riesca ad alleviare un po’ anche la sua pena.
L’attenzione del pubblico non ha conosciuto interruzioni e l’interpretazione ha potuto avvalersi anche dello sfondo sonoro creato da Rodolfo Rossi che ha maneggiato con grande bravura strumenti, oggetti, sassi, respiri e parti del corpo per creare suoni e rumori molto suggestivi che hanno di volta in volta sottolineato stati d’animo e descrizioni di paesaggi.
Dopo un’ora di spettacolo con il sole che ha lasciato la vetta della Torre Winkler per allargarsi al piano su cui è adagiato il Rifugio Vajolet, Sonia Bergamasco e  Rodolfo Rossi hanno chiamato accanto a loro Maria Grazia Calandrone per ricevere i tanti e meritati applausi che il pubblico salito numeroso nella notte ha voluto tributare loro.
in Trentino, 1.8.11

 

Link correlati

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

www.mariagraziacalandrone.it © 2021 - tutti i diritti riservati - Realizzazione sito web: Bepperac Web di Racanicchi Giuseppe