Atelier (29.8.14)
io mi fido di te
quando l’alba era un coro levato da una terra radiosa
quando eri iniziale e dal tuo labbro
gocciava l’amnio
del troppo amore non sarà troppo? tutto questo amore
fra le tue braccia ricominciava il grido delle rondini in aprile e l’odore di muschio e di rosa canina della
casa sulla pietra viva, l’impeto
della pietra e il rumore del ferro delle biciclette tra le piante di fico ad altezza umana
a volte avevi sapore di sale come il deserto, a volte
la logica della merce abbandonata in un porto
tra i fischi delle navi e dei cormorani
allora ripassavo con lo sguardo
il bassorilievo delle tue belle vene, il delta che affiorava sulla tua fronte quando sotto la volta
dell’intelletto strisciava il branco silenzioso e illogico del desiderio, allora un’iridescenza di mante
si levava dal fondo sabbioso del tuo essere e immaginavo
gli affluenti perduti nell’opacità del corpo
come ombre idroelettriche
qualunque raggio, qualunque bene
e male tu incarnassi, riconoscevo il suono delle tue scarpe azzurre
la gioia dura del fiore
nel giallo
del chiostro
poi la nebbia depone il suo silenzio sul lavoro invisibile della crescita
e dei transiti umani
poi, avviene sul mare:
la tua figura si ammorbidisce sotto il mio sguardo
cobalto
profondo
in silenzio
mi dici
rimani
perché non ho finito di fiorire
20.7.14
http://www.atelierpoesia.it/portal/poesia/poesia-italiana/maria-grazia-calandrone/117
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