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domande pratiche sul gesto poetico (satisfiction, 25.3.16)

SATISFICTION, 25.3.16 – i luoghi e il corpo della scrittura. domande pratiche sul gesto poetico
domande di: Gianluca Garrapa

il corpo è strumento di trascrizione

dove scrivi, quando scrivi, dove cammini quando ti riposi? in quale città o paese è nato il tuo ultimo libro, in che stanza, in che bar? sei mancino o destrorso? passeggi? in bici, in auto, osservi alberi? scruti cornicioni, affondi lo sguardo nel cielo, segui le onde del suono e dell’acqua? quali sono i rumori della città e quali i silenzi delle vaste campagne? fumi? bevi? quanto pesi? scrivi dopo cena prima di pranzo? quando? la tua è scrittura di spostamento di stasi, di spazio, del corpo?

Quasi tutti i miei libri nascono ovunque. Anzi, no. Non ho mai scritto in campagna. In campagna colmo la superficie interiore. La campagna è un corpo vivo e materiale con il quale bisogna stare in relazione. Nella natura lo spazio è tutto pieno, non c’è posto per altro. Quando sono vicina alla terra tratto da pari con la terra, sono materia che interagisce con la materia. Questo, naturalmente, lavora in profondità sulle parti invisibili dell’organismo psicofisico. Del mio, certo. Da quello campestre non perviene ulteriore notizia se non frutti e riconoscenti germogli. La natura è così: rassicurante: a un’azione corrisponde una reazione equivalente: innaffi una pianta che si stava abbattendo e, nella maggior parte dei casi, quella si rianima. Raramente ti si rivolta contro. Con le persone non funziona così. Alcune persone non desiderano essere innaffiate.

La scrittura ha a che vedere con il corpo nella sua mera funzione di strumento di trascrizione. Quella di scrivere non è certo un’operazione astratta, ma, poiché per scrivere è necessario che il corpo rimanga relativamente fermo, la parola che viene emessa contiene pure l’elettricità statica di questa stasi. Le parole sono, dunque, anche ricadute di energia corporale, intrecciate al pensiero e al sentimento, come nelle eliche del DNA: nel DNA della poesia, più le tre funzioni corpo-pensiero-sentimento sono fuse una all’altra, più la poesia è – letteralmente – organica. Mi diverte moltissimo enunciare queste tesi: indimostrabili, dunque inconfutabili.

Riposare, poi. Non so cosa voglia dire riposare, non sono capace. Scrivo con la mano destra, digito sulla tastiera con due dita, non sono una flâneur, ma cammino molto, quasi sempre con una meta. Non mi piacciono le cose fatte senza scopo. Non aggiungo inutilità all’inutilità della poesia che pratico. Date le medesime condizioni, pedalo. Fumo poco e da poco, bevo solo in compagnia, peso meno di quanto fumo, scrivo al mattino per questioni logistiche: quando i miei figli sono a scuola. Ma scrivo anche nel caos più assoluto, dipende dai fenomeni incendiari che mi occorrono. La mia è scrittura di altrove. Ma di un altrove terrestre, di quell’altrove che si percepisce quando si è innamorati, ovvero quando viene sfondata la dimensione di quella che convenzionalmente chiamiamo “realtà”. Certi poeti sono in stato di innamoramento permanente. In mancanza di meglio, s’innamorano dei morti. Amen.

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