Pasolini e Flaiano (5.3.17)
la critica di Flaiano e Pasolini alla borghesia: Flaiano dall’interno della borghesia, Pasolini da un non-luogo mitico. il conflitto fertile e irrisolto di Pasolini tra la compassione (abbracciare il mondo) e lo strappo del desiderio (lo struggimento per un particolare, “teta-veleta”). Pasolini trova in Ninetto Davoli il ragazzino del quale scriveva da vent’anni, ma ne subisce l’abbandono, la feroce ferita dei suoi ultimi anni. l’invettiva di Pasolini contro i Sessantottini. la gioia più fredda e amara del pensiero in Flaiano, sceneggiatore della meschinità dell’antieroe in Africa e della noia dei nuovi ricchi, della caustica nostalgia dell’intellettuale per la sapienza istintiva. l’Italia degli anni Sessanta è “Accattone” ed è “La notte”, è un poeta che come un rabdomante cerca ovunque il sacro della sua infanzia, in Africa e nella società dei consumi, perché “ciò che è sacro si conserva accanto alla sua forma sconsacrata”. infine, la dignità della gioia: “finché sorriderò tu non sarai perduta” e la doppiezza di Pasolini, capace di un dolorosissimo senso della realtà in risposta al proprio stesso slancio ottimista e vitale.
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