Canto bosniaco o Della maldicenza
REFEST
Images and Words on refugees routes
Passaggi Festival (Fano), Urban (Sarajevo), Organ Vida (Zagabria) e Fondazione Montemadrid (Madrid)
estratto dal reportage
Sarajevo – Derventa – Tuzla: viaggio in una guerra non finita
primo videoreportage del viaggio a Sarajevo. sembra passato tanto tempo, la guerra dei Balcani sembra lontana. invece, quando viene diviso uomo da uomo, le conseguenze sono permanenti
guarda in “Corriere TV” 9 aprile 2018
THE INFINITE HOUSES
Derventa
Sarajevo
- Canto bosniaco o Della maldicenza
- Dragan e io eravamo fratelli
- e ci hanno messi uno contro l’altro.
- Spesso nei fine settimana io, mia moglie e la piccola Ana mangiavamo a casa sua, perché sua moglie Amina sapeva fare il ćevapčići di montone meglio della mia.
- La mia Sofija faceva finta di sorridere, ma ogni sabato pomeriggio si tirava il grembiule sui fianchi come una cotta da guerra e ricopriva le baklava con tanto miele e pistacchi da sfamare un esercito.
- Secondo me il ćevapčići di Amina era così saporito perché metteva nella salsa i peperoni rossi che Dragan coltivava nella serra. Ma noi maschi sappiamo approfittare dei bisticci delle donne. Le femmine trovano sempre scuse per offendersi, ma sotto sotto non possono fare a meno una dell’altra. E a noi ci piacciono, così infiammate.
- Le lasciavamo beccarsi in silenzio e ogni sabato sera ci godevamo una cena da papi. Da sultani, mi dava di gomito Dragan…
- Poi, iniziarono a circolare voci: Guardatevi le spalle, i musulmani sono traditori e bugiardi, vogliono rubarvi in casa – e, sempre peggio – vogliono ammazzarvi i figli! Non hanno scrupoli, sono i nostri nemici.
- A loro dicevano lo stesso di noi.
- Ci vuole poco, a dividere uomo da uomo. Basta il sospetto.
- Cominciamo a studiarci da lontano, a pesare ogni gesto.
- Ognuno vedeva quello che temeva di vedere.
- Iniziamo a trovare scuse per il sabato sera, a sorriderci meno, quando ci incontriamo sul sentiero. E per forza, abitiamo vicini. Solleviamo la mano e tiriamo dritti quasi correndo, neanche ci stesse bruciando la casa.
- È il cuore che ci brucia, a vederci così. E allora, facciamo il giro largo e non c’incontriamo più.
- La mia piccola Ana è la mia gioia. Alla sera, chiudo bene le imposte. Sofija controlla tutte le serrature. Che ci possiamo fare, questa è la vita. Un sospiro e ci addormentiamo.
- Ci continuano a dire state attenti, ci imbevono d’odio e di paura come Sofija le sue baklava al miele. Tutti i giorni, tutti i giorni. Siamo appiccicosi di paura.
- Un altro mese e comincio a tenere la pistola sotto il cuscino, non si sa mai.
- Dragan, se lo vedo al mercato del paese, ormai neanche lo saluto più. Meglio così.
- Una mattina presto, era d’estate e il sole già bruciava, stavo tagliando il grano e lo vedo passare tra i girasoli e andare dritto verso casa mia.
- Ha messo la camicia, con il caldo che fa.
- Lo vedo che si affaccia alla finestra della cucina e s’infila una mano nella tasca di dietro dei calzoni.
- Lo ha raccolto Sofija, che l’ha visto sparire dal quadrato di luce della finestra ed è uscita a guardare. Dice che aveva un accendino in mano e la faccia di uno che non capisce.
- Aveva iniziato a fumare. Io che colpa ne ho, non lo sapevo.
- Roma, 6 febbraio 2018
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