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Ramiro Fonte (ad est dell’equatore, 2008)

in 10/10
(ad est dell’equatore, 2008)
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PIANO BAR
 
Dai luoghi appartati si vede meglio il mondo,
dunque nei locali dove tengono un pianoforte
gli strumenti sfolgorano nell’acuto degli angoli
perché la pianista da lì possa soppesare il mondo.
 
Dai luoghi appartati si vedono meglio l’ambiente
e le maschere che contengono i fallimenti,
per ciò la pianista esegue da un cantuccio
brani che sono pretesti per misurare l’ambiente.
 
Dai luoghi appartati si captano storie segrete,
i desideri muti che ognuno custodisce nella memoria:
tutte le pianiste sono in realtà
cacciatrici occulte di storie segrete.
 
Così, questa pianista sa che desidero la ragazza
e che, cercatore di argento nella bionda
capigliatura, e degli occhi felini che ricordavo,
sono venuto qui correndo dietro alla ragazza.
 
Che, come uno stratega, ho scelto questo posto al bancone
e se ho chiesto un whisky è stato per spiare meglio
lei che tradisce tutti o quasi con un solo sguardo
che attraversa, affluente misterioso, e muore su questo bancone.
 
Si dice che le specchiere siano pozze traditrici
che fanno vacillare su acque ferme
le promesse troncate senza una parola
e io sono quello che affonda nel grande tradimento.
 
Ma, forse, lei non sa che siamo noi poeti
gli investigatori cittadini che esplorano le vite,
cugini di Baudelaire, di quelle sconosciute
che arriviamo ad amare perché siamo poeti.
 
Creature della folla, amiamo tutte
quelle che tracciano con lo sguardo una favola nera:
mettiamo parole su musiche proibite
e, nel leggere la favola, le dimentichiamo tutte.
 
Uno strano strumento chiamato cuore
che in genere ha le corde piuttosto allentate,
può ordinare la cadenza all’occhiata furtiva
con la quale la ragazza mi affida, oscuro, il cuore.
 
La pianista immagina che la fine di questa storia
sia un solco ingenuo e fatale di bolero
perciò trova le note che spezzano, malinconiche,
il filo delle storie senza fine.

PIANO BAR

Desde las esquinas ve mucho mejor el mundo,
Por eso en los locales donde tienen piano,
Brillan los instrumentos en los angulos agudos
Para que la pianista pueda juzgar el mundo.

Desde las esquinas ve mucho mejor el ambiente,
Y las máscaras que cubren el rostro de los fracasos,
Por eso la pianista toca desde una esquina
Piezas que son coartadas para juzgar el ambiente.

Desde las esquinas caza misteriosas historias,
Los tácitos deseos que uno guarda en la memoria:
Todas las pianistas son verdaderamente
Cazadoras furtivas de historias misteriosas.

Y la pianista sabe que deseo la mujer,
Que, buscador de la plata de una melena rubia,
Y de unos ojos de gata, de los que tenía memoria,
Yo entré en el local persiguiendo la mujer;

Que, estratega, escogí este lugar en la barra,
Que si pedí un whisky fue para verla bien,
Traidora a casi todos en una sola mirada
Que cruza, río secreto, y muere en esta barra.

Sospecha que los espejos son lagos traicioneros,
Que acaban aboiando sobre las aguas paradas
Los deseos pactados y rotos, sin palabras,
Que yo soy ese ahogado en un ancho traicionero.

Mas, quizá, ella ignora que somos los poetas
Detectives urbanos que investigan en las vidas,
Primos de Baudelaire, de esas desconocidas,
Que llegamos a amar porque somos poetas.

Seres de la multitud, nosotros amamos todas las
Que escriben, con la mirada, una novela negra:
Sobre ilícitas músicas, nosotros ponemos la letra
Y, al leer la novela, las olvidamos a todas.

Un extraño instrumento llamado corazón
Que suele tener las cuerdas algo desafinadas,
Puede ajustarle el ritmo a la clandestina mirada
Con la que la mujer me entrega, oscuro, el corazón.

La pianista piensa que el final de esta historia
Es un verso de bolero, entre ingenuo y fatal,
Por eso busca las notas que cortan, melancólicas,
El fio de las historias sin final.

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