Morresi Renata (5.16)
Renata MORRESI, Usi delle bestie
“Poesia” n. 315, maggio 2016
Compravendita di animali, patto fra esseri umani in qualità di esercenti, attraverso la stretta di mano – per controllare che la mano sia sgombra da armi da offesa: un gesto che proviene da lontano, addirittura dagli Assiri. Di questo diffidente gesto contrattuale e delle sue conseguenze tratta Usi delle bestie di Renata Morresi. Dietro questo commercio di materie viventi c’è l’umano che esamina la bestia e l’utile della bestia – da macello, da monta o da latte. E c’è la bestia che descrive se stessa, quando lo sguardo di Morresi sta infilato nell’orbita dell’animale: “Ora nella stalla siamo cento a / ruminare, cento silenzio”. Il silenzio della bestia è assai più sensato del rumore umano, ha tanto più a che fare con il tempo, sebbene anche gli uomini sappiano che “parlare è incompleto” e che anche “il gesto è incompleto” e sappiano anche che i grandi numeri cambiano i nomi propri: “Quando si è uno tra molti, si cambia nome”. Ovvero “capo”, anziché “animale”. L’io e la moltitudine, la moltitudine che ci trasforma in altro, uomini o bestie che siamo. Il cambiamento del nome in numero era il primo procedimento di deprivazione dell’identità utilizzato nei lager. Non possiamo non pensarlo, leggendo delle bestie di Morresi. E non possiamo non ricordare il tremendo Macello di Ivano Ferrari, che a sua volta ricorda, per esattezza chirurgica e pietà, il capolavoro di esordio di Gottfried Benn, che poneva il suo sguardo oggettivo sui corpi finiti della Morgue berlinese, riducendo l’uomo alla propria carne e irridendo così ogni ipotesi di resurrezione dei corpi, come giustamente commenta Walter Siti. Ma il parallelismo tra Morresi, Ferrari e Benn termina con la sua argomentazione: se Ferrari e Benn compiono la disamina descrittiva di quanto hanno obiettivamente sotto gli occhi (Ferrari ha davvero lavorato in un macello e Benn ha davvero sezionato cadaveri umani), la scrittura di Morresi compie un sollevamento, un salto di astrazione, un ruminare il bolo filosofico della compravendita: tenendo ferma la similitudine animale-umano, si spinge a riflettere su quanto precede un movimento di massa e mercato.
Naturalmente l’esergo allunga l’ombra chiara del proprio senso sul contenuto di tutta la silloge: proviene da una lettera dal carcere di Rosa Luxemburg, la quale denuncia l’assenza di compassione, nei confronti delle bestie (bufali) e degli uomini. Il parallelismo tra la massa umana e quella animale viene dunque indicato da subito sotto lo stigma dell’assenza di compassione e, naturalmente, di individualità. Luxemburg era una marxista democratica, fra le prime a profetizzare l’involuzione totalitaria dei Soviet, in favore della promessa collettività di individui. Lo sguardo di Morresi si identifica alternativamente con quello del compratore, del macellaio, della bestia, di Luxemburg, il quale è sguardo con lacrime, cioè istituzione della compassione. La compassione è la rivoluzione, ovvero l’identificazione con l’altro al fine di identificare l’altro, al fine di accorgersi dell’esistenza dell’altro, animale o uomo che sia, abbiamo ormai capito che è lo stesso: quello che conta è il legame che si istituisce tra creatura vivente e creatura vivente. Quello che conta è individuare e riconoscere le singole identità, il mondo che significa una creatura. La valutazione commerciale delle qualità dei bovini è simile alla valutazione delle competenze umane nella società del capitale. La funzionalità, il profitto – e, dall’altra parte, le lacrime di un essere umano di fronte a uno sguardo animale, di una fra mille carni da macello che improvvisamente esiste, diventa uno, diventa l’individuo del quale si coglie lo sguardo e per il quale si prova compassione.
Nonostante l’argomento che tratta, la scrittura di Morresi si mantiene obiettiva, è emotivamente contenuta, tratta di contratti e contrattazioni con tono da stipula notarile. Il risultato è che, leggendo, siamo anche il bovino tirato per la cavezza verso un destino incerto, non voluto, non scelto. Animali da giogo o da macello, le cui esistenze vanno interpretate secondo il manuale, che è detto “comune”: “Sono diversi gli umani e gli animali, i nomi sono vari, tra loro e tra i medesimi, comune è il manuale”. Ovvero, questo. Manuale per l’uso della rischiosa materia respirante che siamo.
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