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Pochi avvenimenti, felicità assoluta. Scene da un matrimonio – con Sonia Bergamasco e Estrio

IL CASO CLARA SCHUMANN
monologo di Maria Grazia Calandrone interpretato da Sonia Bergamasco / Gaia De Laurentiis con
EstrioLaura Manzini, pianoforte – Laura Gorna, violino – Cecilia Radic, violoncello
Jean Paul Carradori light design

Clara (Sonia Bergamasco) è una donna non comune che fa cose comuni. Ma le fa tutte grandemente e umilmente, perché grande e umile è la sua persona. Clara entra in scena entrando nella camera dell’ospedale psichiatrico dove è ricoverato il suo Robert in fin di vita e attacca discorso con lui scherzando un po’, anche sostenuta da un filo incandescente di rabbia e anche mascherata dietro la maschera necessaria a celare l’imbarazzo quando andiamo a trovare un malato, qualcuno che stentiamo a riconoscere in quel luogo e in quella provvisoria deformità. 
Ma stando seduta accanto a lui a parlare, offrendogli il cibo che ha fatto per lui con le sue mani di moglie, Clara viene pian piano sopraffatta dalla confidenza coniugale, le sgorgano dagli occhi e dalla bocca i ricordi, le ore, i luoghi e gli episodi dell’amore, che sempre più infiammata condivide con Robert, sempre più fiduciosa che nel corpo vivo della memoria comune anche lui trovi la superficie dalla quale risorgere, e Robert – l’Amato, il Compositore – compia per lei e attraverso lei il miracolo di tornare. Ci vuole poco a ritrovare le attitudini e le inclinazioni di un amore durato decenni: Clara parla con la bocca dell’amore coniugale, erotico, amicale, materno, di socia e di compagna di viaggio e di lavoro, parla da ognuna delle specie di donna che è ogni specie di donna, parla da dentro una cieca fiducia domestica che nessun lutto e nessun trauma hanno avuto la brutalità di incrinare, parla priva di senso di realtà o forse avendo raggiunto, insieme con il suo interlocutore presente-assente, forse proprio parlando al vuoto bianco che si è sdraiato sul letto al posto del suo Robert, la realtà più reale.
Ho assistito recentemente a una prova d’insieme di tutto ciò e sono stata a sedere composta e muta come una installazione di sale sulla mia sedia bianca, perché le mie parole, quel lungo grido d’amore che ho avuto l’onore di essere chiamata a comporre, pronunciato dalla voce perfetta di Sonia Bergamasco – perfetta nei volumi e nelle intenzioni – mescolato alla musica irruenta, imperiosa e sublime di Robert e Clara Schumann, eseguite con tanta fisica passione a mezzo metro da me, erano quasi troppo per una signora della mia età, benché la sottoscritta sia ormai da lungo tempo cosciente di quanto pericolosa e feroce sia la bellezza… (Maria Grazia Calandrone)

frammento dell’intervento di Maria Grazia Calandrone su Clara e Robert Schumann. intro dello spettacolo per Estate romana, “I concerti nel parco” (Casa del jazz, 12.7.17)

repliche

con Sonia Bergamasco

guarda il servizio del TGR Puglia 25 febbraio 2020

 con Gaia de Laurentiis

backstage “F. Parenti”: mgc, Laura Gorna, Sonia Bergamasco, Salvatore Accardo, Cecilia Radic, Laura Manzini, Antonella Agati
Casa del jazz, Roma 12.7.17 – introduzione allo spettacolo con Luca Della Libera
 
sul blog del Corriere della Sera il video integrale di “Pochi avvenimenti felicità assoluta” – il caso Clara Schumann

SCENA I – Clara tra pesche e inferno

Scena vuota – con i musicisti in ombra come presenze non presenti: in evidenza una bella camera di ospedale con un letto un comodino un armadio e una poltroncina.

Una donna entra abbastanza di furia con un involto in mano e comincia, ancora in piedi, a parlare con il letto simbolicamente vuoto

o si rivolge al pubblico, come se il malato fosse tutto il pubblico:

Ma ti pare bello?!

Smettila di scherzare, non mi piace. Lo scherzo è divertente quando diverte. Basta…

(gli siede accanto)

non devi andare dove io non vado. Vieni qui, per favore: è luglio, se mi dici di sì ti vesto come un figurino e ti porto al sole. Non splenderai mai più sopra un vivente, diceva il tuo Manfred: non parlava mica di te! Di me, casomai… (ride, un po’ birichina) Ti ho portato il panciotto ricamato. Vuoi uscire sottobraccio alla tua Clara, ragazzaccio, come un vero Signore Fortunato?

(le risponde, ovviamente, il silenzio. Lei continua a scherzare, è evidente che si è preparata a mettercela tutta per sollevare un velo)

Va bene, vuoi giocare! Ti sei travestito?

Sei Florestan il geniaccio che fa saltare sulla sedia chi entra in sala disarmato: quello, l’ascoltatore, l’eccellentissimo bipede dico, siede innocentemente con l’orecchio a bagno nella sua scienza, abituato ad aspettarsi che dopo il largo viene quel piede fermo sulla terra e tu: zac! via la boa, via la terra e tutte le foreste con l’appiglio dei rami: il fiume scivola via, da un’altra parte, per sempre – e quello casca dalla bella sedia!

o sei Eusebius, quello che impiega tutto il pomeriggio per apprezzare il gusto di una pesca ma intanto si è preso il tempo per cavar fuori dal nocciolo le essenze minerali e le confidenze notturne degli amanti sotto l’albero mentre il frutto cresceva più fitto e più sapiente tutto intorno alle loro parole?

Oh no!, ecco: sei l’editore della Nuova Rivista di Musica, quel sensitivo energumeno che lotta per il valore della bellezza e che ora ha scoperto, dopo tanto raffinatissimo clamore, che la bellezza più pura è nel silenzio.

Vuoi dimostrarmi che il silenzio è più grande del tuo Widmung? Con me perdi il tuo tempo, Robert, niente per me è più grande della tua musica, nemmeno i balletti del tuo tavolino degli spiriti! Cosa ti dicono i tuoi trapassati, i defuntissimi buffoni, i beati musici? È con loro che parli? Con le salme…

(si alza, spazientita)

Cos’avranno quei morti stecchiti più di me?!

Cosa ci sarà mai da confabularci insieme notte e giorno? Di che parlate, dei calibri di fango dello Stige? Che laggiù non sai mai cosa trovi: tu sei lì che passeggi per i fatti tuoi, per caso con la spalla spezzi un ramo e casca giù tutto il sangue di una persona, metti un piede per terra e un conte per errore – dice lui! – ti morsica il calcagno…

Ma no, figurati, vi conosco voi due: di quant’è benedetto e bello il volto di Maria, sono sicura che il beato Mendehlsohn ti parla solo di lei…

E magari ogni tanto abbassate lo sguardo su qualche santarellina, vero Robert?

Ma ti ricordi cosa ti ha ispirato il nostro amore?

(va all’armadio, prende un voluminoso pacco di spartiti e lo posa sul letto accanto a quel corpo presunto)

Guarda con i tuoi occhi, Meister Raro (sfoglia: lei sì, ricorda) Guarda, amore mio…

(e perde progressivamente la carica vitalistica che si è imposta: ora lo scherzo è un poco più forzato e più villano, si sente lo scoramento, si sente la ferita dell’abbandono)

Ma sì, sei il farfallone che mi raccontava le storielle quando ero bambina e intanto correva dietro a quelle gonne fresche di bucato – ah! ma non fui la tua martire, proprio per niente! pure io te l’ho fatta salire qualche furia di sangue

caro…

caro ragazzo che porta nel corpo la mitica piaga di Charitas – che poi si trattava solo dell’eritema di una ragazzina gentile – o forse…

o forse della fonte di questo tuo silenzio: ora i medici se ne escono a dire che niente sia più tossico della cura al mercurio che ti hanno prescritto per tutti questi anni… Roba da perdere la testa!, Robert…

(si espone)

Robert – guardami: da ovunque tu mi guardi sono una, in ogni punto del mio corpo io sono

la tua donna.

[musica] […]

Scena III

Clara rivela piccoli segreti

(si riscuote, divertita)

Sì, ecco: i baci. Parliamone, infine!!

Te lo ricordi il primo che mi hai dato, sulla scala della casa di mio padre? Un bacetto così, leggero come una piuma, forse perché quella sera ti parevo carina

e io invece vidi all’improvviso tutto nero e a stento mi riuscì di governare il braccio per sollevare la lampada e venni fulminata all’istante dalla seguente rivelazione: che Dio mi guardi, io-non-sono-più-mia.

Ecco, l’ho detto! Dunque ora sai, mio caro, che mi ritenni tua ben prima che tu lo deliberassi attraverso il bacio numero 2, nel quale profondesti un po’ più di sentimento, bisogna ammetterlo, e che infatti ricordi come l’inizio del nostro amore: un mesetto più tardi, con il freddo imperioso, già invernale.

Sono stata tua moglie prima che tu lo sapessi!

Ma che catastrofe ci venne addosso insieme al nostro amore. E fummo tanto duri a morire che non morimmo affatto, anzi la spuntammo. La valanga, la testuggine armata, l’ariete nemico, portava il nome di mio padre, che ci travolse, ci separò, ci voleva scalzare via dall’anima l’uno dell’altra: arrivò a non darmi i soldi che guadagnavo con i miei concerti perché non ti potessi rivedere, ti diffamò, tentò di mettere la sua impronta sul nostro cuore come su cera vergine con la sola forza della sua negazione, sì: di padre

ma lui aveva raddoppiato potere su di noi, perché era anche il maestro di piano: mio – e tuo!

(adesso francamente ironica)

Già già, perché il signor Schumann da ragazzo voleva essere il pianista più grande del mondo!

E così, sono stata anche il dito che hai perduto a furia di torturartelo. Volevi così tanto dalla tua mano che sei arrivato a renderti invalido con il tuo macchinario da supplizio.

E dire che ce n’erano di attrezzi già abbastanza minacciosi: il divaricatore, la steccatura, le sbarre, le molle, i rotatori, la legatura: macché, non ti bastava niente, ti sei costruito la Cigarremechanik, la meccanica a sigari, con quei cunei disperanti che allargavi ogni giorno – e con essi estendevi allo spasimo: tutto. I tendini, i legamenti, i flessori, gli estensori: ti sei allentato tutto: tendinite, rottura dei legamenti, il Cielo sa cos’altro! E allora giù con le scosse elettriche, con le immersioni della mano destra in acqua calda, nel brandy, nei decotti di erbe e nelle viscere degli animali appena macellati: niente, il tuo dito era più morto di quegli intestini e di quei fegatelli, anche se – devo ammetterlo – con minore evidenza.

Ma, Robert: non è mai una questione di millimetri!

Più di tanto una mano umana non può allargarsi sulla tastiera. E grazie al cielo non ci sei riuscito neanche tu, perché la musica che componi è sacra e naturale come la mela che mangio quando ho fame…

Chi lo sa, forse sei già in quell’oltre senza millimetri e non hai più bisogno di me. Ma allora io ti eseguivo e tu mi componevi.

E io ho ricomposto te: ogni nota che ho scritto è stata una dedica.

Ero rifabbricata nella spina dorsale dalle tue note, mi tenevano eretta come una colonna – o ci strisciavo dentro come un insettino insolente. Come una larva nella tua incarnazione.

Una volta mi dicesti che credevo di essere più di Dio, se volevo sapere io meglio di te come interpretare le tue composizioni!

oh, arrogante, amatissimo e insopportabile Robert, come ne fui umiliata!

Io ero destinata
alla tua esecuzione, Robert Schumann. E da subito:

te lo ricordi il pomeriggio che te ne stavi ripiegato in due come una pianta secca di fagiolo sul pianoforte di mio padre, te lo ricordi? quel pomeriggio che mi hai vista entrare e hai pensato – e sì, va bene, l’hai pensato tu

per primo!: “Questa bambina è già mia moglie”

E io che sulla porta ti dicevo:

“Buona sera

Maestro” e pensavo: “per sempre, per sempre…”

[…]

recensioni

Claudia Rocchi intervista Sonia Bergamasco (“Corriere Romagna” 11.4.18)

L’amore folle degli Schumann secondo poesia – Sandro Cappelletto, “La Stampa”, 3.2.11
Il loro ultimo incontro, due giorni prima della catastrofe finale. Lei è andata a trovarlo nell’ospedale psichiatrico dove lui è ricoverato. Clara e Robert: i signori Schumann, il loro amore, la sua malattia. “Pochi avvenimenti, felicità assoluta: scene da un matrimonio” è lo spettacolo che Maria Grazia Calandrone, poetessa e scrittrice, ha tratto partendo da quel fotogramma, per ricostruire da lì, una relazione musicale e amorosa che non smette di appassionare. Le tenerezze e le furie di Clara sono affidate alla voce di Sonia Bergamasco, a proprio agio nel sussurro e nel grido, così impudica nel dire il proprio immenso amore per Robert, che ha voluto contro tutti, come accade quando ci si innamora di un genio, e malato. Mentre l’EsTRIO (violino, violoncello e pianoforte tutto al femminile: Laura Gorna, Cecilia Radic, Laura Manzini) propone un percorso erratico tra le composizioni di lei e di lui, confermandosi formazione affidabile. Nasce così un concerto teatrale che è stato ospitato nella rassegna I Concerti del Quirinale di Radio Tre. Quando musica e parole si concedono spazio e ascolto, il tentativo della Calandrone riesce più persuasivo e la temperatura di una vicenda così rara si impone. Quando invece prevale l’ansia di dire, il percorso si fa meno folgorante. Affidato a delle interpreti che convincono ed appassionano.

Dove sono le compositrici? Alessandro Cannavò, 27ora “Corriere della Sera”, 11.12.13

ALESSANDRO CANNAVÒ, “Corriere della Sera”, 14.12.13
 
[…] Lei entra in scena entrando nella camera dell’ospedale psichiatrico dove è ricoverato il suo Robert in fin di vita e stando seduta accanto a lui a parlare, offrendogli il cibo che ha fatto per lui con le sue mani di moglie, viene pian piano sopraffatta dalla confidenza coniugale, le sgorgano dagli occhi e dalla bocca i ricordi, le ore, i luoghi e gli episodi dell’amore, che sempre più infiammata condivide con Robert, sempre più fiduciosa che nel corpo vivo della memoria comune anche lui trovi la superficie dalla quale risorgere, e Robert – l’Amato, il Compositore – compia per lei e attraverso lei il miracolo di tornare.
Il loro ultimo incontro, due giorni prima della catastrofe finale. Clara e Robert: i signori Schumann, il loro amore, la sua malattia. “Pochi avvenimenti, felicità assoluta: scene da un matrimonio” è lo spettacolo che Maria Grazia Calandrone, poetessa e scrittrice, ha tratto partendo da quel fotogramma, per ricostruire da lì, una relazione musicale e amorosa che non smette di appassionare. Le tenerezze e le furie di Clara sono affidate alla voce di Sonia Bergamasco, a proprio agio nel sussurro e nel grido, così impudica nel dire il proprio immenso amore per Robert, che ha voluto contro tutti, come accade quando ci si innamora di un genio, e malato. Mentre l’EsTRIO (violino, violoncello e pianoforte tutto al femminile: Laura Gorna, Cecilia Radic, Laura Manzini) propone un percorso erratico tra le composizioni di lei e di lui, confermandosi formazione affidabile. Nasce così un concerto teatrale che è stato ospitato nella rassegna I Concerti del Quirinale di Radio Tre affidato a delle interpreti che convincono ed appassionano… (Sandro Cappelletto, “La Repubblica”, 3.2.11 – noixvoi24)
 
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