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La macchina responsabile (Crocetti 2007)

Azzurro ventre di Maria

 

Su per altari di granito e aria

il sedimento dei sentieri

scosta lembi

di tessuto refrattario con cespugli

di sorbo e sanguinelle – orienta

i ciuffi delle isole nell’inzuppo del porto

privo di antimateria

dove rifulge

un cigolìo di pescherecci, il basso

cabotaggio dei gabbiani. Rissa ferma nell’aria

di vele e ali e colmi arrotolati. Cherosene

striscia nell’acqua come un ostaggio chimico.

 

Il mare è questa macchina esiliata che funziona col vento e s’inarca in fiumane di abbandono

sulla linea di distorsione sonora della costa. La tinta azzurra

che i volti assumono dal mare fa dei volti un’esequia tranquilla.

 

Dal burrone di Babi-Yar

(29 – 30 settembre 1941)

 

Ma di colpo volevo

vivere vivere

nell’infezione umana. Come?

scappare se lei resta qui – ma tornai in superficie

cancellato in me

cancellata la specifica proprietà umana

del ridere. Loro

bruciavano costretti

a guardare i neonati diventare cenere (la propria

muscolatura e l’altra, la saliva e il respiro

degli altri) e l’odore salato di capelli arruffati travolto

dall’ustione. Guarda la torcia della sua fronte sulla quale posavi

l’altra metà dei tuoi baci. Così

non poterono staccare il corpo di mio fratello dalle sue braccia, per tanto

che lo stringeva io continuo a pensare da quale morsa verrà la mia salvezza.

 

Un mare di persone e di dolore.

Anche gli alberi stesi sulla terra per il dolore.

Nel grigio fosforico della pietraia due

come manichini compromessi.

Non furono

le pallottole

dei soldati ubriachi a far morire

ha ieled shelì, fu il peso

 

del mio abbraccio sotto il peso dei corpi.

Poi di nuovo gli spari. E i denti d’oro vennero strappati

dalla bocca dei morti.

 

Lo sguardo di mia madre

era spaventoso – sotto lei era un mare di corpi coperti nell’anima – io

tacqui

come fanghiglia nera. Cosa

poteva emergere dal fondo del burrone se non questa

inarginabile

colpa.

 

3 febbraio 2005

 

ha ieled shelì: il mio bambino (ebraico moderno)

fra il 29 e il 30 settembre 1941 33.771 ebrei di ogni età provenienti da Kiev e dintorni vennero spogliati, sdraiati sui  già morti e mitragliati dai nazisti e dai collaborazionisti ucraini come in una catena di smontaggio nel burrone di Babi-Yar. Nel 1943 ci vollero 327 prigionieri e  sei settimane per tentare di estinguere nel fuoco i corpi riesumati, le prove.

da Apocalisse dell’animale grande

 

Nel fronte interno srotolano i dispacci sotto lampade da miniera

e l’ignoto attraversa il paese come filo spinato che sente

battere la pala dei fanti, lo smalto

delle gamelle contro la latta

e metri d’aglio. Maria, abbiamo

del gran danno nella testa

sporca di bestia che scappa

sottoterra, abbiamo nella groppa il crollo dei muli

sotto il peso plebeo dei materiali. Dammi il cuore

Maria, perché il tuo cuore

pesi come la terra tra le mani

mentre io ti raggiungo sotto il pericolo. Maria, con i pensieri

che non smettono mai di pensarmi, anche dopo

tienimi a te, al mio posto

sulla terra dei nomi. Solo tu

sai il mio nome Maria, perché il mio nome è all’orlo

della tua gola, bianco

come un affogato nel canale

sepolto nel tuo bianco che rinviene. Anche dopo,

stanotte, quando io sarò cenere, pronunciami Maria con il tuo corpo.

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