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da “Spoon River” (Giunti, 2015)

Gustav Richter
 
Dopo una lunga giornata di lavoro nelle mie serre
dormire era dolce, ma, dormendo sul fianco sinistro, i sogni
possono finire bruscamente.
Io ero tra i miei fiori, quando qualcuno
sembrò farli fiorire per prova, come preparandosi
a trapiantarli, dopo,
in un più vasto campo all’aria aperta.
E io ero un’apparizione immateriale
dentro la luce: fu come se il sole
avesse inondato l’interno e, toccata la cupola di vetro
come un palloncino, fosse scoppiato dolcemente
e si fosse dissolto in un’aria d’oro.
E tutto era silenzio, tranne uno splendore
immanente, un pensiero chiaro
come una voce e io, che ero pensiero,
potevo sentire una Presenza pensare
e avanzare tra le cassette, sfoltendo le foglie,
individuando insetti e annotando le sue valutazioni,
con uno sguardo che ha compreso tutto:
“Omero, oh, sì! Pericle, va bene.
Cesare Borgia, che ne facciamo di lui?
Dante, troppo concime, forse.
Napoleone, per il momento lasciamolo stare.
Shelley, più terra. Shakespeare, ha bisogno di essere irrorato – “
Ehi, nuvole! –

Davis Matlock
 
Immagina che non esista nient’altro che un alveare:
che dentro ci siano fuchi e operaie
e regine, e nient’altro che miele da accumulare –
(cose materiali come cultura e saggezza)
per la prossima generazione, questa generazione mai viva,
se non quando sciama alla luce del sole della giovinezza,
rafforzando le ali con quanto è stato raccolto
e assaggiando, sulla strada che porta dal campo di trifoglio
all’alveare, lo squisito bottino.
Immagina tutto questo e immagina la verità:
la natura dell’uomo è superiore
ai bisogni della natura nell’alveare;
e bisogna portare il carico della vita
e tutto quello che urge dalla sovrabbondanza dello spirito –
bene, io dico che starne fuori come un dio, certo
dell’immortalità, anche se non ci si crede del tutto,
sia il modo di vivere la vita.
Se questo non rende Dio orgoglioso di te,
allora Dio non è che forza gravitazionale,
o il sonno è la vittoria.

Charles Webster
 
Il bosco di pini sulla collina
e la fattoria lontana molte miglia
erano chiari come attraverso una lente
sotto un cielo blu pavone!
Ma nel pomeriggio un manto di nuvole  
velò la terra. E tu camminavi per strada
e attraverso il campo di trifogli, dove il solo suono
era il tremolo liquido del grillo.
Poi il sole tramontò tra grandi rotazioni
di burrasche lontane. Un vento che si andava levando
illimpidì il cielo e alimentò le fiamme
delle stelle esposte;
e fece dondolare la luna rossastra, appesa
fra la linea del colle
e i rami scintillanti del meleto.
Tu camminavi in pensiero la riva,
dove le gole delle onde erano civette
che cantavano sommerse e piangevano
allo sciacquio del vento fra i cedri,
finché ti sei fermata, troppo piena per piangere, vicina alla casa
e, guardando in alto, hai visto Giove
sfiorare la cima del pino gigante
e, guardando in basso, la mia sedia vuota,
cullata dal vento nel portico vuoto –
Sii brava, Amore!

Edgar Lee Masters, traduzione di Maria Grazia Calandrone

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