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La poesia, ovvero l’economicamente inutile (pagina99, 21.3.16)

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 La poesia, ovvero l’economicamente inutile per eccellenza

“La Giornata Mondiale della Poesia, al contrario di quello che molte menti perspicaci potrebbero pensare, non è AFFATTO identica a una qualsiasi altra giornata dedicata alla poesia per il semplice fatto che, invece  che da un piccolo gruppo di persone, è celebrata dai poeti presenti nei sottoscala affittati di tutto il mondo; ed essendo questo un evento festeggiato (?) in tutto il globo terracqueo,  si spera sarà un minimo più dignitoso di un evento di poesia medio. Ma temo che niente divida un poeta dal suo sottoscala affittato, nemmeno un evento mondiale.

Arturo Casu Calandrone

Uno dei danni non secondari della poesia è che i figli dei poeti sono più intelligenti dei poeti stessi, ma altrettanto provati da quello che mio figlio (quindicenne) definisce “evento di poesia medio”. Perché questo è il nodo della questione: in questo magnifico 21 marzo, che si ripete ogni anno con coerenza, tutti ricordano che i poeti sono vivi. Nei rimanenti 364 giorni (365, negli anni bisestili come il corrente) i poeti lamentano di rimanere sepolti nei più sopra descritti “sottoscala affittati”.

Eppure la poesia, come tutte le arti, ci parla del mondo dal quale proveniamo e del quale tutti abbiamo nostalgia. Quale sia questo mondo, non è dato sapere: amnio materno, platonico mondo delle idee, Paradiso… Ciascuno chiami con il nome che più somiglia alla propria esperienza questo senso di umana nostalgia per una casa che solo le arti e l’amore ci permettono di abitare ancora. Questo luogo dal quale proveniamo, questo mondo realissimo e ultramondano, del quale sentiamo il profumo e la scarica elettromagnetica quando leggiamo Dante, Pasternak, Celan, Lucrezio…

Si tratta di un sentimento che somiglia alla gratitudine e alla perdita di confine, come nell’innamoramento. Si tratta di un suono (è importante che la poesia venga “ascoltata” dalla viva voce) che collega il nucleo vivo di un essere umano al nucleo vivo degli altri esseri umani. Si tratta di compassione.

  1. Il gesto della compassione è un gesto profondamente politico. Parla di un “noi”, antecedente e radicale, in una società che lavora da decenni per ridurci a monadi.
  2. Il gesto dell’inutilità è altrettanto profondamente politico, in una società schiava delle leggi di mercato. E schiava per la maggior parte inconsapevole, automatica. La poesia sta fuori dal mercato. Ed è utile solo per questo. La poesia è l’economicamente inutile per eccellenza. Ed è utile solo per questo: prosegue il gesto superfluo del primo uomo o donna sulla parete della sua grotta.

Cosa avrà spinto quell’uomo o quella donna primordiale a incidere una scena di caccia sulla parete di una grotta, se non la necessità di testimoniare la bellezza del mondo? Una scena di caccia, una scena d’amore, un’incoronazione, un funerale, una festa. Tramandare. Salvare dall’indifferenziato.

Salvare te dall’indifferenziato, te che sei oggetto della mia poesia, perché sei soggetto della mia vita. Che tu sia figlia, padre, madre, amante, o semplice creatura che ho incontrato – o della quale ascolto le parole, che vengono da una distanza che nemmeno conosco. Viva o morta che tu sia, attraverso la poesia io: ti conosco e, attraverso di te, conosco il mondo.

Visto? Funziona proprio come l’amore…

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