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L’ILLUMINISTA – Poeti degli anni Zero (Ponte Sisto, 2011)

L’illuminista – Poeti anni Zero
Editore: Ponte Sisto
Data uscita: 2011

Il percorso di Maria Grazia Calandrone, romana – anche se nata a Milano – del 1964, è fra i più coerenti della recente poesia italiana, tanto che non solo le pause tra i testi delle raccolte, come ha scritto di recente Stefano Lecchini, appaiono «solo un’interruzione di comodo», ma lo stesso si sarebbe tentati di dire per gli intervalli «non rilegati» fra le varie raccolte: non solo i quattro libri scritti nei Duemila (in ordine – grosso modo – di stesura: Come per mezzo di una briglia ardente, La scimmia randagia, La macchina responsabile, Sulla bocca di tutti), ma – ce lo conferma la recentissima uscita di un self repêchage, Atto di vita nascente, che contiene testi del ’96 – per la sua intera e quantitivamente fecondissima produzione. Del resto le pause
fra le raccolte sono intessute di esistenza, e, come sostiene con particolare chiarezza la stessa Calandrone, «una ossessione mia di sempre è la necessità della coincidenza tra la poesia e il suo autore»; a riprova, la «dominanza autobiografica» funziona nella sua opera da cornice per l’interpretazione della Storia (ad es. la Shoah e Hiroshima ne La macchina responsabile, l’11 settembre in Sulla bocca di tutti) piuttosto che valere il viceversa. Ma la coerenza non impedisce una grande varietà di temi, che abbraccia l’intero spettro della lirica classica. Inni e parteni: il rapporto con la trascendenza è per la Calandrone poeta-donna una liberatoria necessità, che si avvicina alla preghiera o meglio alla lauda (Maria ne è la destinataria principale) e si esprime tuttavia in forme sempre antidogmatiche e umanistiche («il sangue perdutamente dice dammi signore / una generazione felice», si legge in Sulla bocca). Treni, epicedi, (auto)consolationes in versi: davvero «il poeta parla direttamente dal mondo dei morti o […] i morti parlano per la sua bocca», fra gli affetti come sulle pagine di cronaca e della Storia (si veda qui l’inedito sulla Thyssen, ma anche i testi sulla Shoah e Hiroshima (ne La macchina), sull’11 settembre (in Sulla bocca). Gli epitalami, le familiares in versi: quattro se non cinque dei sei libri pubblicati da Calandrone sono centrati su figure biografiche. Soprattutto, Calandrone non teme l’elegia, privata e civile. In questo, potrebbe vedersi come la più Maria Grazia Calandrone L’illuminista 92 tradizionale fra i poeti qui antologizzati: se non fosse che i Duemila, più che ogni altro decennio recente, hanno riconfigurato (o confuso? o spostato?) i novecenteschi distinguo tra tradizione e sperimentazione. Dunque, come nota efficacemente Cortellessa, «questo lamento non è mai chiuso nel guscio umidiccio del’io lirico tradizionale ma […] chiama in causa una condizione universale: una tramatura profonda dell’umano»: grazie in primo luogo a un linguaggio capace di accostamenti fulminanti fra termini-totem (e per alcuni tabù: mare, bambini, dolore, ma anche cuore e amore; l’onnipresente azzurro, che è spesso dell’acqua e del cielo assieme) e lessemi scientifici, vocaboli settoriali, legati al mondo della tecnica (non siamo in fondo che Macchine responsabili) e della fisiologia (e certamente corporee Scimmie randagie).

Vincenzo Ostuni

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ESC, Roma, 26.2.11 – con: Massimiliano Manganelli, Marco Giovenale, Vincenzo Ostuni, Andrea Inglese, Michele Zaffarano, Lidia Riviello, Sara Ventroni, Francesco Muzzioli, Giovanna Frene, MGC, Tommaso Ottonieri

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